Dici cotoletta dici Milano. Quando sono approdata in questa città, tutti mi parlavano della Cotoletteria: un posto in cui si poteva mangiare la cosiddetta cotoletta orecchia d’elefante guarnita “stile pizza” (così qualcuno l’aveva definita) come preferivi: pomodorini e rucola, scamorza e radicchio, asiago e funghi…insomma ce n’era per tutti i gusti!! Quasi fosse una tappa obbligatoria per conoscere la città (dopo il Duomo e il Castello), la Cotoletteria veniva esplorata come luogo simbolo di questa città. La prenotazione era d’obbligo: difficile trovare posto, soprattutto nel week end. Ad accoglierti un uomo anziano, un po’ burbero, che dirigeva la sala e ti faceva accomodare. La scelta era tra cotoletta di maiale, di vitello e di pollo. Ad accompagnarla, come contorno, a scelta un’insalata o delle patate al forno. Lo stile del ristorante era piuttosto retrò, in ricordo della Milano bene che fu. In ogni caso, l’idea della cotoletta ricoperta di ingredienti vari era carina e saporita. Tutto ciò accadeva tre anni fa, all’incirca.
Sono tornata alla Cotoletteria qualche settimana fa: locale completamente vuoto (altro che gara per riuscire ad entrarci, qui rimbombavano le nostre voci), sbiadito, invecchiato, anche se dell’anziano milanese non c’è più l’ombra. Una nuova gestione probabilmente. Cotolette solo di maiale, le ottime patate al forno di una volta sostituite da patate secche e bruciate. Ciliegina sulla torta: la tartare di manzo servita senza essere stata tagliata a cubetti, ma come fosse appena uscita dalla macelleria. Inguardabile, disgustosa.
Eppure, una nuova gestione avrebbe potuto regalare a questo ristorante un tocco di novità a cominciare dall’arrendamento, troppo antiquato per avere successo oggi, senza trascurare la qualità del cibo.
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