La prima cosa sono le mani, le lunghe dita
sottili, per carezze lievi
quando la notte passavano sulla fronte
piano, per allisciare sogni scapigliati
o raccogliere qualche lacrima accorata.
confesso che questo è il ricordo più forte,
l'assenza più ardua. poi c'è il sorriso,
quello che porto anch'io, passo dopo passo
in questo bizzarro gioco d'equilibrio
dove le nostre solitudini si confondono
intersecando i piani temporali e non so più
di chi sia l'attesa, di chi la speranza.
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