Google+ Il Giullare Cantastorie - Scrittori, artisti e band emergenti: La bandiera sul pennone - Adelaide J. Pellitteri

giovedì 29 maggio 2014

La bandiera sul pennone - Adelaide J. Pellitteri

La battaglia risvegliò coscienze assopite, produsse un succo dolce e liquoroso, il sangue sembrava fremere e anche gli spiriti più quieti o votati per natura al disincanto esultarono. Uccelli liberati dalle gabbie.
Boati, squilli di trombe, nuovi e improvvisati sbandieratori percorsero per giorni e notti tutte le città e dal sud al nord non v’era pennone, asta, finestra o balconata senza il tricolore. 
Il vento leggero e caldo sembrava rendere omaggio ai teli nuovi e immacolati così come a quelli sudici, innalzati innanzi tempo a propiziare la vittoria.
Il mese di luglio era un buon mese per vincere. Infondo la logorante battaglia, per noi iniziata il 14 di giugno, non poteva deludere chi ci aveva messo il cuore, la forza, la determinazione e magari i soldi puntando pure sopra la fortuna.
Era importante ritrovarsi “popolo” unito e compatto. Era eccitante ritrovarsi unica entità! Sentire il suono originale della nostra lingua, l’orgoglio che ci compattava in blocchi solidali e invincibili tra le piazze madrilene, sivigliane…
Tutti i giorni il tam-tam «Questa sera ci riuniamo da me!» … «Per la prossima si offre il Giando!» … «Se tutto va bene dopo si va da Pino, lì c’è spazio per tutti» perché era un crescendo di emozioni e anche di amici. 
Indispensabile stare uniti per attraversare i Pirenei. Lo si fece a bordo di treni, di pullman, vetture private. Sfondammo pure il cielo attraversando le rotti celesti perché gli squadroni agguerriti sostenessero i Nostri! 
Il grido di ognuno era il grido di tutti. Nessuna resa né altra alternativa. 
Una battaglia mondiale! 
Noi contro ventiquattro Nazioni. Alcune ci vennero meno, eliminati dai nostri stessi nemici; altri li affrontammo a viso aperto, con il nostro Presidente che, alzando il pugno, incitava alla vittoria. 
Dove non si poteva arrivare con i mezzi o i propri piedi si arrivava con gli inni, con il fervore, con i riti propiziatori. 
Così fecero tutti coloro che erano rimasti in patria.
Uomini, donne, finanche bambini bardati come guerrieri Tartari o con le facce dipinte emulando gli Apache. 
Tutti sedevamo in cerchio davanti alla luce bluastra, ansiosi di assistere all’avanzata. Gli occhi commossi fino alle lacrime, i petti gonfi, l’intelletto all’erta pronto a coniare nuovi inni per i nuovi eroi. 
Un solo coro sotto una sola bandiera!
Giunse la notte dei miracoli! 
Al Santiago Bernabéu l’ultimo scontro e chi raggiunse il campo per quell’ultima battaglia lo fece con il metrò, linea 10, omonima fermata. 
Zof, Tardelli, Pablito e Pertini, notte prodigiosa quella dell’11 luglio dell’82! 
Non la troveremo sui libri di storia, ma noi Italiani la ricorderemo per tutti gli anni a venire. 
Un intero popolo catapultato indietro nel tempo, a quel lontano 1847 quando la Banda della Domenica, squadrone di rivoltosi capitanato da Enrico Bartelloni (detto il gatto) cantava a squarcia gola: «E la bandie-e-e-ra di tre colo-o-o-ri / è sempre stata la più bella! / Noi vogliamo sempre quella, / noi vogliam la libertà! / La libertà, la libertàaaa!». (ɪ)
Avevamo vinto e tutti, in coro, cantammo l’inno alla bandiera!

(ɪ)Fonte: Un cappello pieno di ciliege di Oriana Fallaci

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