In una terra non meglio definita, in uno spazio ingigantito dalla corsa alle megastrutture, viveva Attilio. 
Attilio era un uomo per bene con una piccola pecca, non era affatto un uomo. In realtà era un pavone, troppo voglioso di mettersi in mostra per restare ancorato al mondo dei pavoni. 
“Non avete idea della noia di vivere in una comunità di pavoni – soleva ripetere il nostro pennuto - sono tutti pronti a pavoneggiarsi per qualsiasi cosa, anche la più futile!”.
Armato di buona volontà (e con un abito di alta sartoria), il nostro Attilio si intrufolò nel tremebondo giro degli assicuratori bipedi.
I suoi risultati, sorprendenti e stupefacenti, lo portarono, in breve tempo, a un ruolo di prestigio in società. Vero e proprio tombeur de femmes, riusciva a conquistare il cuore di ogni donna, non solo in quanto uccello, ma in quanto uccello dotato di cotanta coda.
Invidia dei colleghi, fonte di lucro per l’azienda, Attilio viveva da nababbo nel suo attico all’ultima moda, facendo ciò che riusciva più congeniale: pavoneggiarsi.
La fortuna, però, è infame come un maiale di fronte ad uno stupido cavallo e volle che, di lì a poco, si presentasse in società un tale di nome Aprile. Uomo dalla freschezza primaverile, abbinava una bellezza da copertina all’unica cosa capace di spaventare un pavone invasato: una megalofallia congenita che lo portava a indossare dei calzoni dalle cuciture assai singolari, se mi passate il termine.
La caparbietà del signor Aprile intaccò la fetta di mercato di cui si occupava Attilio, poiché le donne, per quanto fedeli possano essere, avevano difficoltà evidenti con le piume.
Morale della favola, nel giro di qualche mese il nostro pavone si ritrovò fuori dall’ufficio, fuori dal suo attico e fuori dal suo abito.
Chi si bea troppo di ciò che possiede, stia attento a non lasciare il sedere scoperto per un piede.
…aspetta un momento, non ho più spiegato la storia del pesce! TORNIAMO INDIETRO:
Se è palese il motivo per cui si ritrovò privo di casa e lavoro, sull’abito c’è da favellare.
Perso ogni residuo di stima, Attilio si rifugiò negli stupefacenti. Era ormai diventato uno sniffatore di sciarpe. 
Ebbro di una sergiotacchini, capì qual era la vera causa dei suoi mali e si diresse a casa di Aprile.
Il parente del Barbalbero tolkieniano viveva in una villetta di periferia. Attilio si intrufolò in casa da una finestra socchiusa e lo attese dietro la porta.
Non appena Aprile entrò in casa tac! Un colpo netto, niente preamboli, solo urla e calzoni tagliati.
“Il pesce d’Aprile, il pesce d’Aprile! - urlava il pavone travolto dal gesto compiuto – come ci si sente senza il tuo squaletto ora?” e andò via festante, gettando via l’abito e ritornando tra i suoi simili.
Da quel giorno si compiange il pesce d’Aprile, primo uomo mutilato da un pavone. Le donne, per tradizione, abbracciano una quercia in ricordo dei tempi andati, i mariti, invece, costruiscono proboscidi di cartapesta per illudere le proprie consorti, salvo poi mostrar loro le vere pudenda al grido di Pesce d’Aprile!
[Questo brano rientra nella collaborazione con l'animedb jOURnal, per visionare tutto il numero clicca QUI!]
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