Quarto frammento - 1° capitolo del romanzo "Ordine Zero"
"Tu non puoi capire, perché non hai figli".
L'uomo cammina per una delle strade della sua città,con passo incerto,a guardarlo con attenzione si direbbe un ubriaco.Invece è solo uno che è appena uscito da un brutto quarto d'ora.E se non ne porta in faccia i segni si può dire fortunato.E se non hanno insistito troppo è pero il caso di andarsene via,subito.Quando rientra Giulia ha già preparato la cena.Quando rientra si mette una mano alla bocca e gli domanda cosa gli è accaduto.Una figlia,e una donna in genere,non hanno bisogno di segni sulla faccia,per capire.L'uomo ha poco più di trent'anni ma questa sera sembra più vecchio di un secolo.Invece di rispondere si guarda in uno specchio e poi si getta sulla prima sedia che capita.Giulia dice che è pronto.Giulia fa finta che tutto sarà dimenticato,sa già che il padre non gli racconterà mai com'è che va il mondo,e quanto ci si sporca.A volte gli schizzi di sangue provengono da quelli che ti stanno vicino,a volte da completi estranei.Lo sguardo del genitore dice "Stiamo morendo",e non può impedire agli occhi di parlare.Prova a non guardarla in faccia.Prova a dirsi che è la cosa giusta da fare,perchè sua figlia ha solo undici anni.Siamo alla fine della guerra e quelli che non hanno nulla da perdere diventano sempre più pericolosi,dicono le sue mani e,di nuovo,il suo sguardo.C'è un tacito patto per cui Giulia sa qual'è il motivo per cui sta abbassando lo sguardo, e non glielo fa pesare.Cerca di evitargli l'imbarazzo della sconfitta.Quello che ancora non sa è il piano del padre per andarsene da questa merda di Veneto occupato,in un mattino qualsiasi del gennaio del '45;ma meglio domani,si meglio domani.Questi pensieri lo rendono lugubre.Si è seduto a tavola e sta mangiando ma è come se fosse residente in un altro mondo.In quel momento potrebbe entrare un federale e lo troverebbe,almeno per qualche secondo,in preda ai suoi pensieri.Invita la piccola a mangiare,spezza il pane,e nel luccichio brodoso di quell'acqua calda vede il camion che li porterà via e,senza troppe scorciatoie la città di Milano.Là non li conoscono.Per gli altri,nascosto nella metropoli,lui sarà solo uno che tira bene di boxe:la violenza è sempre piaciuta ai fascisti,non faranno certo i complimenti adesso.Si immagina il suo amico Diego,appesantito da troppi anni birrosi,guidare quelle quattro ruote,con perizia e svogliatezza,sorridendo a Giulia,dicendole che tutto andrà bene.Lui queste scene le immaginerà soltanto,chiuso dentro un sacco di patate,color nero,dietro, in mezzo ad altri sacchi.Sanno tutti che Diego è uno a posto,che a lui la politica non importa nulla:ti saprà dire tutto sui fianchi di Adriana Benetti ma non aspettarti un cazzo di parere o opinione; al massimo potrai strappargli un commento sarcastico su Gino Cappello che il Padova ha venduto al Bologna.E' uno a posto Diego.E se un giorno raccontassero la sua storia vorrebbe che a farlo fosse lui.E' ebreo, e allora? E poi,se è qui vivo e vegeto- a parlare di (seguono commenti irriferibili) di Adriana Benetti,vuol dire che sono tutte voci campate in aria.I porci nazi non permetterebbero a un ebreo di continuare i suoi commerci,al massimo di morire senza troppo dolore,laggiù in Germania o in Polonia.
Così Giulia sa già tutto. Quello che non sa,tranne il diretto interessato,è che Diego gli tradirà.Avevano ragione loro:non è ebreo.Ed appartiene a una religione che non ha dogmi precisi ma un solo comndamento,complicato e semplice al tempo stesso: tutto quanto è possibile e,anzi, dobbiamo far si che tutto quanto sia possibile.Si tratta della religione delle spie.Quando Diego scende dal camion al posto di blocco e non torna,il padre capisce tutto.Dimentica,in quel momento perfino il suo nome (che mai avrà in questa trattazione) e il suo destino:se non si passa un coltello ha la gola è solo perchè sua figlia è ancora viva.Il particolare che dentro un sacco di patate non si tiene un coltello è del tutto secondario,per lui.Diego non lo vedranno più.Torna invece un ragazzo sui ventidue anni,diverso da i due che hanno accompagnato via la spia.Se non avesse l'uniforme diresti che è uno di quei tizi che vendono le enciclopedie porta a porta, solo un po' più imberbe ed impacciato.La grossa corporatura lo aiuta a spiegare al mondo che lui non è lì per caso.In attesa che il mondo,e ancor prima il Fuhrer ci creda.Guarda Giulia e pensa che è veramente piccola e,per un interminabile attimo,sente che tutto quel che sta accadendo è solo una presa in giro,e lui un povero soldatino stupido e senza sugo,disposto a morire,certo,ma ancora più disposto a permettere certe cose.Poi si dirige verso il retro del camion,dove ci sono ammassati i sacchi di patate.E,come un sacco di patate,là trova quello che gli avevano detto.Con modi bruschi,e con sua grande sorpresa,il padre vede il soldatino aprire il sacco come fosse un regalo di natale deludente,e ha pure gli occhi lucidi.E' bene che il lettore sappia-e forse lo ha già capito-che l'acrimonia di questo padre verso quelle uniformi,ed i pensieri che vi portano dentro-è così grande e consolidata da non temere nessuna rivalità.C'è modo di vivere e modo di morire,quello che questo anonimo padre non ha mai compreso è certo il modo di farlo per conto degli altri.Non ha mai voluto rispondere alla domanda: e se fucilano lei?
Come fosse un sacco,senza nemmeno farsi una ragione del perchè non gli mette addosso alla schiena la punta del fucile,il soldatino conduce il Padre (giacchè è ora solo questo,perduta ogni garanzia e interesse reale alla sua incolumità)verso l'alto comando.
L'ufficiale sembra una versione più muscolosa e ghignante del soldatino.Dice tante cose,in un italiano stentato.Dice,soprattutto:"Facciamo..come si dice?..Facciamo a capirsi..."."Facciamo a capirci", lo corregge la segretaria che in una vita qualsiasi farà la culturista,giacchè per descriverla non c'è altro che pensare a una di quelle masse di carne che alzano pesi mastodontici alle Olimpiadi.Pe ora,per il Padre,è solo un'interruzione al supplizio.
Facciamo a capirci-dice,quasi sillabando, l'ufficiale... Sua figlia è sequestrata.Verrà con noi dalle parti di Conegliano Veneto.
Il padre ha sentito di quei posti.Sa di quel castello che chiamano dalle urla strazianti,dove gli infami della decima torturano gli anti.Un pensiero,sfuggente,gli passa per la testa.E poi un altro.L'ufficiale sa quella domanda,la vede negli occhi del Padre.La sente in ogni suo movimento.Pregusta il momento della risposta.Apre un cassetto.Muove qualcosa.
Si,dica pure...
Mia figlia ha undici anni.Non sa nemmeno cos'è la politica.
Ora dobbiamo immaginarci il padre che ha poco più di trent'anni (ma ne dimostra molti di più,da stamattina) assumere il viso di uno che si è pentito di quello che ha detto.Il condannato a morte non vuole certo la conferma di quello che già sa.Qui la situazione è più spinosa.Perchè lui è Padre,e sa già che il suo temere non può essere confortato da niente e da nessuno.
La chiamano ricreazione.I miei colleghi fascisti hanno bisogno di dolci intervalli, tra una tortura e l'altra.Quando il trentenne più anziano del mondo assalta la gola dell'ufficiale i due soldati sono già alle sue spalle,ed il tentativo muore lì sul nascere.Il soldatino,proprio perchè sfondato di quel suo senso di colpa nascente,lo ferma a terra con lo scarpone e,già che c'è,lascia partire un calcione.
Lo scrivo?-domanda la segretaria
Si-dice con lo sguardo l'alta uniforme.
Un attimo dopo la stanza è deserta,se si esclude l'ufficiale.Vede entrare Giulia,spinta dal solito soldatino.Ha undici anni,ne dimostra quattordici,come il nazi non si perita di sottolineare.La spia non aveva sbagliato descrizione.Le posa una mano sui capelli e gli chiede se le piace vivere.
Per un attimo Giulia,con la gonna scozzese,e un piao di scarpe davvero troppo vecchie,non risponde,forse sta per piangere.
Ancora non l'hanno sedata-pensa il nazi.
Giulia passa tre mesi nel castello dalle urla strazianti.Sopravviverà.Ovviamente non sarà più Giulia.Sarà una bambina che non crescerà più perchè lo ha fatto troppo in fretta,durante un inverno.Mi piacerebbe sapere se un giorno la ritroveremo,perlomeno tra queste pagine.Ma un autore non può dare ascolto solo al suo volere,altrimenti Giulia avrebbe sterminato il primo giorno i tipi della X Mas,curandosi solo di vederli soffrire.Se il solo volere dell'autore vale tutto un romanzo,questa storia finirebbe così,con lo zoom sul cadavere di uno degli stupratori.Invece la vita-e la letteratura-si cibano di realtà.
Era quasi sicura che prima o poi l'avessero ammazzata,come una cagna.Vedeva venire in quel castello altre ragazzine,alcune anche più giovani di lei.A tutte diceva di non vomitare.Aveva visto coi suoi occhi una torinese di nome Silvietta che aveva rigettato tutta la sua colazione (o forse era solo acqua calda) davanti alle prime (e quali,sennò...) profferte del nazi.Silvietta era perennemente emaciata e quando parlava sembrave sempre avesse una caramella in bocca.Muoveva le mani mentre parlava e,ogni tanto,abbassava lo sguardo e si guardava le scarpe giallastre che-ma nessuno poteva saperlo-erano un regalo di suo fratello prima di partire per la montagna.L'avevano portata nel giardino comune e fucilata di fronte a tutti.Per quelli tradire il loro diritto al divertimento era come consegnare un piano atomico repubblichino a Winston Churchill in persona.
Da allora era diventata brava a non sentire niente.Per un periodo relativamente breve pensò che tutta quella forza di volontà le venisse dalla fortuna,dall'abnegazione e dalle preghiere paterne (si,Giulia,sapeva che era vivo,doveva esserlo).Poi,da alcune frasi smozzicate (non a lei rivolte) capì che la drogavano.Era quello l'unico modo per non vomitare di fronte ai nazisti-si disse poi negli anni seguenti.Non poteva dimenticare,però.La faccia del violentatore gli sembrava sempre la stessa,le sevizie cambiavano come si cambia la maglietta sudata nei pomeriggi voluminosi dell'estate.
La notte che arrivarono i partigiani le trovarono in una cantina,in mezzo a pezzi di ragnatela e cadaveri di topi.C'erano pure i corpi delle compagne di sventura, quelle che si erano rifiutate,avevano gettato in faccia tutto il loro disprezzo o,nella maggior parte dei casi,non erano piaciute abbastanza.Quando la liberarono Giulia stringeva le membra rigide di Silvietta.Le ricordava,con quelle guance ora ancora più scavate, il viso di sua madre.
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