Google+ Il Giullare Cantastorie - Scrittori, artisti e band emergenti: Nico - Valentina Moscatiello

domenica 13 luglio 2014

Nico - Valentina Moscatiello

Nico aveva quarantaquattro anni compiuti. 
Un giorno iniziò a contare. Così, dal niente, dopo un sorso d’acqua, un pomeriggio d’agosto, le mani sudate, trentadue gradi percepiti, inizia a contare. Fremeva. Un foglio stropicciato e una bic rossa, a gel.

Uno: il caffè. Macchiato. 
Due: dondolarsi, piano. 
Tre: la belle Époque.

Dieci: la prima sigaretta. Dopo l’ultima.
La gente cominciò a credere che fosse impazzito. E in un certo senso contare tutte quelle cose era una pazzia.
Novantasette: fare un brutto sogno, risvegliarsi.
Centodue: parlarsi. E stare ad ascoltarsi.
Si licenziò presto, Nico. Se gli chiedevi il motivo, ti rispondeva che era perché ormai non aveva più tempo di fare altro. Se lo chiedevi in paese, se venivi da fuori, se avevi sentito di un uomo con il malocchio e la mania dei numeri ti rispondevano che Nico sembrava impazzito, contare tutte quelle cose era una pazzia.
Ci mise un nulla a superare il centinaio. Duecento otto: l’Oriente. Duecento nove: forse l’India. 
Trecento quindici: accarezzarsi - i pensieri.
Ad un miliardo, diceva, si sarebbe fermato. Un miliardo. Un miliardo di cose. E poi basta, avrebbe smesso, come quando smetti di fumare, di sperare, di amare qualcuno.
Novecento novantatré: svegliarsi al tramonto. All'alba, c’è troppa gente.
Mille: stringersi le dita. Più forte.
Duemila: scrivere. Con le bic rosse, a gel.
Alcuni glielo chiesero cosa stesse contando. Con timore, con rispetto, in mezzo ad altri discorsi, girando lo sguardo, giocherellando con le mani, come a non averlo mai chiesto. Nico si fermava, socchiudeva gli occhi, respirava lento, e poi lo diceva: le cose belle. Una lista lunga un miliardo.
Quattromila: ridere fino alle lacrime. Piangere.
Le voleva contare tutte, lui, queste bellezze e racchiuderle nell'insieme finito dei numeri, per darsi l’idea di averle; rinchiuderle lì, per convincersi d’averle davvero. (Dieci milioni: una bocca perfetta). Determinare qualcosa la rende concreta e per Nico determinare un miliardo di cose era la concreta possibilità di viverle tutte. E sopravvivere. Duecento milioni: restare. 

Un processo al contrario, sì, ma nessuno si è mai accorto di quanto fosse dannatamente più facile?
Settecento milioni: guardarsi allo specchio, esserci ancora.
Che riuscisse a sopravvivere vivendo idealmente tutte quelle cose, era una pazzia, ma non per lui. A lui, pareva l'unico modo possibile.

Novecento milioni: amare.
Un miliardo: amarsi.
Un miliardo e finire di contare. E quindi non sapere più come vivere. Né sopravvivere.
Nico stava in silenzio, seduto immobile, gli occhi fissi davanti a sé, quarantaquattro anni compiuti, trentadue gradi percepiti, le mani sudate. Nelle mani un foglio stropicciato e scritto in rosso, nessuno spazio libero. Era un pomeriggio d'agosto, così dal niente Nico si ritrova costretto a smettere.
Smettere di contare e riuscire a vivere e a viversi, liberamente. 

La libertà, un miliardo e uno.

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