Le spine, i giorni.
stesso destino, d'appartenenza
aprire altre vie di dolore,
insanguinare i luoghi dell'alba
così
dentro le mura di un'intera notte, i viaggi
oltremare, la schiena  spinta da un tuono 
nei passaggi ciechi del cielo, lasciando indietro l'aria 
a stracciarsi sulle scogliere
dove il respiro è in ascolto 
a ridosso dell'amore, ma le mani 
perseguono il destino dei corvi, dimenticando
la sete di linfa
e sul fondo degli occhi, la bruciatura del ghiaccio.
che a guardarla a mezza luce
pare un fiore, ma se la sfiori anche solo con il pensiero 
si apre ad urlo. 
intanto, passa il gesto 
che vuole essere carezza e fede.
com'è, come deve essere 
il sacramento dato alle labbra.
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