Straccia la terra il vomere
dissotterrando vermi sbalorditi
bianchi e tremanti per la luce nuova.
Lo spazio inghiotte ciò che il tempo addenta.
Il cuore digerisce i frammenti di nebbia
che avvolgono il tuo ricordo.
Tutto si perde, tutto quanto smette.
Zitta, l'anima mia, che custodisce
solo quell'eco affievolita o persa,
rimpiange la tua voce, lacrimando.
Ricorda quella voce, e la confonde
con quelle che le parlano ogni giorno.
Il desiderio dei tepori antichi
fa addormentare l'aspide
vicino ad un garofano sgualcito.
Il sangue freddo si riscalda al sole
e la vita fluisce nuovamente
nella guizzante spirale assassina.
Disperati bagliori di morte
promanano dalle corolle aperte dei giacinti,
tiepida emorragia senza tampone.
La linfa non frenata li dissangua:
si dilegua il calore.
Oh, notte stupidissima!
Privata delle sillabe roventi,
confondi fonemi d'angoscia con canti d'amore.
I tuoi pugnali squarciano i ricordi.
E tutto si riassume
in quattordici pollici di schermo
e in un dischetto colmo di stronzate.
Tu taci come sempre,
e più non dormi né ti scaldi al sole.
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