Google+ Il Giullare Cantastorie - Scrittori, artisti e band emergenti: La mia Babi (Seconda parte) - Jacopo Marocco

lunedì 28 aprile 2014

La mia Babi (Seconda parte) - Jacopo Marocco

La vecchia ha una bella casa. Non è una villa, ma è comunque una bella casa. E’ isolata dal paese, sarà a circa cinque chilometri dalle ultime case che abbiamo incontrato. A destra e sinistra della strada che porta qui, per poi proseguire non so dove, ci sono solo boschi.
Abbiamo lasciato la macchina in una stradina sterrata che entra in una macchia di pini, a pochi metri da qua. Io mi sono portato dietro uno zaino con dentro due maschere, una corda e anche l’ultima delle sei doppio malto prese alla LIDL.
Siamo fermi davanti al cancello, a guardare la casa. A far luce qua davanti c’è solo un lampione.
Mentre apro la birra, per sicurezza chiedo di nuovo:
“Cine’, insomma sicuro che questa abita da sola, eh?”
“Ancora? Sì, te l’ho già detto cento volte. Nonna la conosce bene. Da piccolo ci sono venuto pure un paio di volte a casa sua. So tutto di lei e sì, per la centounesima volta: la vecchia è sola!”.
“Ma se ti riconosce?”
“Ma come fa? A parte che abbiamo le maschere, ma poi m’ha visto che c’avrò avuto dieci anni, cazzo so’ cambiato da allora…”
E in effetti è vero: io lo conosco da parecchio il Cinese e i suoi tratti somatici, pur rimanendo fortemente asiatici, sono cambiati. Pensandoci, sono cambiati in maniera direttamente proporzionale al crescere della sua dipendenza dall’eroina. Infatti credo che rispetto a quando aveva dieci anni, ora abbia qualche dente in meno e molte rughe in più, oltre ad essere nettamente più, come dire, giallo.
Quindi sì, probabilmente la vecchia non sarebbe in grado di riconoscerlo.
“Parlami ancora di lei…”, gli chiedo mentre gli passo la birra.
“Ma sai già tutto!”
“Sì, ma tu dimmelo di nuovo, mi fa stare tranquillo”
Il Cinese sbuffa, fa una lunga sorsata di birra calda e poi dice:
“Allora: c’ha due figlie. La più grande si chiama Sonia, fa l’avvocato, c’ha una 45ina d’anni, abita in centro storico e viene a trovare la madre la Domenica o quando può, tra l’altro è pure una bella fica, l’ho vista su Facebook, è una mezza Milf, le ho mandato la richiesta d’amicizia, chissà se me l’accetta… Vabbè poi c’è l’altra figlia, ma quella non l’ho mai vista e non ricordo sinceramente come si chiama, so solo che è una fissata della palestra, insomma una body builder o qualcosa del genere. So che ha fatto gare di body building in giro per tutto il mondo. Da quello che mi ricordo dovrebbe essersi stabilita da qualche parte in America, e non torna a casa da anni ormai.
Il marito della vecchia invece è morto tipo cinque anni fa.
Non ha cani, non ha badanti o altre rotture di cazzo varie. Inoltre, ancora riesce a portare la macchina, quindi per fare la spesa o altre commissioni è autonoma.
E ti ripeto anche questo: ‘sta qua è una vecchio stile, fidati. Questa, caro Yankee, non ce li tiene i soldi in banca. Li tiene in casa, mi ci gioco un coglione che è così, basta cercare un po’ ed è fatta. Dai è perfetta Yankee!”
“Ma non è possibile che le cose siano cambiate? Voglio dire: e se questa ultimamente s’è fatta un pastore tedesco? Noi come facciamo a saperlo?”, cerco di ribattere io, al solo scopo di farmi rassicurare.
“Ah Yankee, sono stato da nonna pure ieri pomeriggio che mi doveva dare delle zucchine per mamma, e facendo finta che me ne fregasse qualcosa, le ho chiesto come stavano le sue amiche del paese. Un po’ le conosco così le ho buttato là qualche nome, tra cui quello di questa qua, del tipo: Come sta Cecilia? E lì mi sono soffermato, senza farmi sgamare, a chiedere come facesse a vivere quassù da sola e bla bla bla. A nonna piace chiacchierare, così m’ha detto tutto, di nuovo.
E’ come ti ho detto, fidati, non è cambiato nulla. E poi ottimismo Yankee, ottimismo. Non te lo far ripetere!”
Annuisco poco convinto. Boh, sarà così come dice lui, mi sforzo di credere.
Mi guardo intorno, mentre il Cinese mi passa di nuovo la birra. Non mi piace questo posto, è davvero troppo isolato. Penso che qui io non ci abiterei nemmeno se mi pagassero. E se vengono a rapinarti?, mi chiedo.

Finita la birra, indossiamo le maschere – io quella di Scream, e il mio compare quella di Bossi, che erano in offerta al Maury’s –, e scavalchiamo facilmente il cancello.
Anche se il Cinese m’ha assicurato che la vecchia non ha cani, provo un brivido quando, passato al di là dell’inferriata, sto per posare il piede a terra. Mi aspetto che il mio polpaccio venga azzannato da un momento all’altro, ma in realtà non succede nulla. Sembra davvero che non ci siano cani. Tutto sembra tranquillo. Forse il Cinese ha ragione, forse ha davvero fatto bene i conti.
Ci dirigiamo verso la porta d’ingresso.
La casa ha due piani. Dalle persiane di una finestra a piano terra filtra della luce. La vecchia deve essere sveglia, d’altronde non è neanche mezzanotte, probabilmente si sta rimbambendo con qualche programma della De Filippi, o con qualcosa tipo quel programma con presunti vip che ballano con ballerini professionisti con cui puntualmente si mettono insieme.
Il Cinese, con indosso la faccia di Bossi, mi chiede se sono pronto, ma in realtà non sono pronto, non lo sono perché ancora non ho realizzato che sto per fare una rapina, la mia prima rapina, e che questo significa, alla fine, che sono un ladro di merda, ma annuisco ugualmente, e così lui prende e suona il campanello.

Non so perché, ma mi aspettavo che il Cinese avesse provato ad aprire la porta come sui film, infilzando dei ferretti nel buco della serratura, ma era solo un pensiero a forma di clichè, il Cinese non è mica un ladro professionista.
Nessuno viene ad aprire la porta, così il mio “socio” suona di nuovo.
Ora che siamo qui mi rendo conto che abbiamo dato per scontato che la vecchia ci aprisse la porta senza problemi, senza considerare che magari potrebbe dormire in una stato simile al coma o che, insospettita, non apra e chiami la Polizia, e questo la dice lunga sul nostro livello di professionalità nel settore.
Invece i nostri piani si rivelano corretti perché sentiamo da dietro la porta una vocina dire:
“Chi è?”
Il Cinese prontamente risponde:
“Siamo i Vigili del Fuoco signora, ci dispiace disturbarla a quest’ora, ma c’è un incendio nel bosco dietro casa sua ed è bene che lei venga con noi”.
Sentendo la chiave girare, penso che da queste parti, in queste zone di campagna, ancora c’è una fiducia nel prossimo che nelle città forse non è mai esistita. Probabilmente qui di giorno si lascia la chiave sull’uscio.
Non appena la serratura fa l’ultimo scatto e la porta d’ingresso inizia ad aprirsi, il Cinese gli da un calcio, prendendo in pieno la vecchia e facendola cadere indietro.
Guardo il Cinese e gli chiedo cosa cazzo ha fatto.
“Quello che ho appena fatto”, mi risponde. E mi chiede di aiutarlo a mettere la vecchia a sedere da qualche parte.
“Ma non dovevamo entrare e poi immobilizzarla senza farle del male?”, chiedo incazzato.
“Un po’ di azione Yankee, un po’ di azione!”
La vecchia è a terra, ansimante.
“Azione un cazzo, e se ci muore?”
“Ma come pensavi di immobilizzarla, con l’ipnosi? Va bene che è vecchia, ma non penso che si sarebbe fatta legare tanto facilmente. Ora aiutami a sistemarla”.
In effetti non ha tutti i torti. Come potevo pretendere qualcosa di diverso. Abbiamo organizzato tutto in così poco tempo poi. Anzi, a dire il vero non abbiamo organizzato quasi nulla.
Il Cinese indica con la testa una poltrona davanti ad una tv accesa in quello che sembra un soggiorno e mi fa:
“Mettiamola lì”.
Io prendo la vecchia per le gambe, il Cinese la prende per le spalle, e la tiriamo su. Pesa come un sacco pieno di piombo, e mentre la trasportiamo verso la poltrona la vecchia si riprende e inizia a vaneggiare. Non fa che ripetere, piagnucolando, qualcosa tipo “Babi, oooh, babi… babi…”.
Guardo il Cinese e faccio:
“Che cazzo dice?”
“Ma che ne so”, fa lui, “boh, le sarà andato un attimo in tilt il cervello, che cazzo ne so io?!?”.
Finalmente arriviamo alla poltrona e ce la scarichiamo sopra.
Credo che dopo questa un’ernia al disco è scontata.
La vecchia continua a lamentarsi, e a dire “Babi… oh babi… babi… “. Sembra che stia sognando.
Alla tv, come immaginavo, c’è la Carlucci che, strizzata dentro un vestito di due taglie in meno, conduce quel programma con quei vip falliti che ballano.
Prendo fuori dallo zaino la corda e inizio a legare la vecchia. Intanto, il Cinese si mette a guardare dietro i quadri, ad aprire tutti i cassetti e le ante dei vari mobili che ci sono, alla ricerca di soldi o comunque qualcosa di valore.
Chiedo alla vecchia di dirmi dove tiene il denaro, ma risponde “Babi… babi… oooh… babi…“, e basta.
Così lascio perdere e mi metto alla ricerca anche io.

Qui, in soggiorno, non c’è niente, nemmeno la tv sembra avere alcun valore, se non in un negozio di antiquariato. Così passiamo al salone, alla cucina, e ad un’altra stanza. Niente. Poi io apro una porta.
Vengo investito da un cattivo odore, tanto che mi viene da tossire. Il Cinese è alle mie spalle. Oltre la porta c’è il buio pesto. Intravedo un interruttore, lo premo e si accende una luce che illumina una lunga fila di scalini che vanno verso il basso, verso un fondo. Una cantina.
“Senti,” faccio al Cinese, “io laggiù non ci vengo manco per il cazzo. Sembra proprio la scenografia tipica di un film horror. Come minimo ora scendiamo e c’è uno che ci aspetta con la motosega”.
Il Cinese mi dice di chiudere la porta e fa:
“Ok, andiamo di sopra, ci dovrebbe essere la camera della vecchia, e se non sta nemmeno lì il grano… beh, bella inculata che abbiamo preso”.
Al pronunciare di queste parole mi viene in mente il Vicedirettore. Provo a scacciarlo dai miei pensieri, e nel frattempo inizio a salire le scale col Cinese. Cerco di stargli sempre accanto al mio amico, perché ‘sta casa mi mette inquietudine. Tanta inquietudine. So che è stupido, perché alla fine sono io il ladro, sono io quello che in teoria dovrebbe essere temuto e non il contrario, ma è così e non so che farci.
In lontananza sento ancora la voce di quella fallita della Carlucci che chiede ad una giuria di falliti un giudizio sull’ultima coppia di falliti che hanno ballato.

Al piano di sopra non va molto diversamente da come è andata da basso.
Nella camera della vecchia troviamo solo un anello d’oro e cinquanta euro. Potrebbe essere sufficiente per farci qualche schizzetto, ma cazzo, stiamo rischiando la galera e sinceramente non mi accontento nemmeno io.
Andiamo in un’altra stanza, un’altra camera da letto, probabilmente la camera da letto che un tempo era delle figlie della vecchia: ci sono due letti singoli e alle pareti è pieno di foto di due ragazzine.
Non troviamo nulla neanche qui.
Frughiamo in uno stanzino, ma niente. Mettiamo tutto a soqquadro. Visitiamo altre due stanze, ma non esce fuori nemmeno un centesimo.
Scendiamo di nuovo di sotto, bestemmiando.
Andiamo in soggiorno per interrogare la vecchia.
Sembra svenuta. Le tiriamo dell’acqua addosso, e un po’ si riprende.
“Dove cazzo sono i soldi vecchia?”, le urla il Cinese. “Dove stanno, eh?”, gli faccio eco io. Siamo entrambi molto nervosi ora.
La vecchia mormora qualcosa, fa fatica, non si capisce. Sussurra qualcosa, mi avvicino con l’orecchio per capire meglio, ma quello che capisco è che continua con quella sua fottuta lagna fatta di Babi…babi… babi…
Sento qualcosa montarmi dentro, rabbia, tanta rabbia e le sto per dare un pugno dritto sul collo, poi però dice qualcosa, qualcosa di diverso. Tra un Babi e un altro, dice anche “Di sotto”.
Bingo!
Io e il Cinese ci guardiamo e andiamo di corsa alla porta della cantina. L’apriamo, accendiamo la luce e stavolta non penso alla paura di scendere e alla puzza che ci assale. Tutta questa fatica per quel piccolo bottino mi ha incattivito. Voglio andar via da qui con qualcosa di più che un anello d’oro e cinquanta euro.
Ci scapicolliamo giù per queste scalette, e arrivati sotto troviamo qualcosa che non ci saremmo mai aspettati.
Ci metto un po’ a realizzare che ciò che sto vedendo non è frutto di una allucinazione, ma è pura e semplice realtà. E’ difficile credere ai propri occhi quando ti trovi davanti un tavolo con sopra così tanti soldi. Devono essere migliaia e migliaia di euro. In contanti, mazzette di contanti.
Entrambi siamo senza parole. A bocca aperta.
Il Cinese non perde tempo e prende fuori dalle tasche due buste della spesa, una la dà a me e una la tiene per sé, e insieme ci buttiamo a capofitto sui soldi e prendiamo a riempire le buste senza tregua.
Alla quinta o sesta cacciata di tutti quei quattrini nei sacchetti, avverto qualcosa alle spalle. Una presenza. Faccio appena in tempo a girarmi e a vedere qualcosa che non va, poi qualcosa di immondo mi si schianta in faccia e svengo.



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