Google+ Il Giullare Cantastorie - Scrittori, artisti e band emergenti: La luce perpetua nei bagni delle scuole - Estratto da "Ordine Zero" di Il Mondo Perfetto

lunedì 3 marzo 2014

La luce perpetua nei bagni delle scuole - Estratto da "Ordine Zero" di Il Mondo Perfetto

Temistocle Mazzantini, come poteva dimenticarselo? Rivedeva il profilo gibboso dell'uomo; sui cinquantacinque ma ne dimostrava un sacco di più. Mentre distribuiva i fogli per il tema, claudicante, esitava sempre un poco nel porgerglielo. Fabrizio lo guardava con l'insolenza dei suoi diciassette anni, sfidandolo con i suoi occhi scuri. Una di quelle storie che non possono essere raccontate,perchè terminano prima. Fabrizio ogni tanto, mentendo a sé stesso, si diceva che aveva lasciato la scuola per non incorrere nelle attenzioni di quel porco di Temistocle Mazzantini. La cosa fu un bel po' diversa. Rivedeva le luci accecanti dell'inverno del '67 dentro il bagno della scuola. Era un tardo pomeriggio, finita una tumultuosa riunione dei rappresentanti d'istituto con i prof. Lui era rimasto a casa a poltrire. Poi, stanco di sentire le cazzate fasciste di suo padre, era uscito verso la scuola. Allora Milano gli sembrava ancora una città vivibile e bella. Accellerava il passo,menando pugni immaginari al vento inclemente della Bovisa. Quando passava dal bar del Vecio quello lo fermava e gli offriva un caffettino,sempre,buttandogli giù tutte quelle storie di quando faceva il pugile. Lui non aveva paura,era il concetto fondamentale che si sentiva sempre ripetere. Fabrizio aveva l'impressione che molte di quelle storie fossero farlocche,ma gli dava credito,almeno il tempo di una consumazione,e starsene un poco lontano da casa. Quel pomeriggio però il bar era deserto,dentro e fuori ed il colore del cielo era tanto bianco che sembrava nient'altro che vernice smaltata,là apposta per demistificarlo. Si disse che anche lui,da vecchio, si sarebbe fermato al bar e, senza tante cerimonie,avrebbe raccontato la sua storia a chi avrebbe voluto ascoltarla. Doveva prepararsi per tempo e fare qualcosa della sua vita. Portava, allora, i capelli corti benché sapesse che quando gli crescevano,diventando ricci e ondulati,veniva notato di più dalle ragazze. Con il volto di uno che pensa a queste cose,ed un poco infreddolito, con un giubbetto di pelle marrone chiaro, che però teneva sbottonato, entrò dentro l'edificio. Si diresse verso la palestra, appurato che non c'era proprio nessuno in giro.Gli piaceva il silenzio innocente di quel luogo,in controtendenza con la cagnara che proveniva dalle aule e dai corridoi, la mattina. Le flessioni lo fecero sudare parecchio; si diceva che aveva bisogno di qualcuno che lo istruisse,che era un modo snello per dire,"qualcuno che credesse in lui",come diceva sempre il Vecio. Come una sorta di sveglia interiore, il rumore della pioggia lo portò a lasciare quello che stava facendo. La luce appena un po' fioca del bagno maschile lo accoglieva, a lui ed al suo sudore. Qualcuno, in una macchina di passaggio, buttava giù qualcosa di quella nuova cantante americana. Coi soldi del suo primo combattimento si sarebbe comperato un giradischi. Quel pensiero lo sorprese così tanto che per un attimo smise di orinare, e ne rise. Fu allora che gli arrivò in faccia il grido. Proveniva dal bagno femminile. Fabrizio faticò per lungo tempo a dare un nome alla ragazza, finchè non lo lesse sui giornali, tempo dopo. Buttata giù la porta (forse ho voluto solo saggiare la mia forza, si disse poi, con sarcasmo) si trovò addosso al professor Mazzantini, e con i piedi praticamente sui capelli insanguinati della ragazza.Quello fu il suo primo combattimento. Il professore non ebbe nemmeno il tempo per togliersi gli occhiali. Mentre lo colpiva con tutta la forza di un ragazzino che calcia un'onda in una giornata di settembre, sentiva i rumori (per lui erano solo rumori ma in realtà si trattava di gemiti) del proffo.Durò tutto per una quindicina di secondi. Sono proprio veloce, pensava Fabrizio. Detto questo, aveva già tirato su la ragazza. Ora non sapeva che fare. Il porco implorava pietà. il suo sguardo implorava pietà. Poi, visto come l'allievo lo guardava, la sua faccia cambiò espressione.
"Vi darò dei soldi" disse lo zoppo, guardando prima la ragazza e poi, più intensamente, lui. Fabrizio riprese a colpirlo, ancora più veloce. La ragazzina si stava trascinando sul corridoio. Tenendo per il collo, con una mano Mazzantini, Fabrizio usava l'altra per adagiare su una sedia quel corpo, che ora, più che un attimo prima, sembrava soltanto un insieme di brividi, tenuta per caso sopra qualche pezzo di formica. Il corridoio della scuola aveva l'illuminazione più precaria di quello dei bagni. La luce perpetua dei cessi irradiava i loro volti di rabbia e tremori. In stato di shock com'era, la più tranquilla sembrava la ragazza, catatonica come la neve che si sbriciola a terra. Gurdarono entrambi la cornetta telefonica appesa come un chiodo gigantesco sul muro giallognolo. La ragazza fece per alzarsi. Fabrizio aprì la mano per dire che ci pensava lui. Solo in quel momento lasciò la presa dal collo dello zoppo.Non si aspettava che fuggisse, lo lasciò là in piedi, "come un sacco di merda". Fece il numero dei carabinieri. Il secondo squillo fu sostituito prontamente da un colpo di revolver.
"Pronto?" ripetè quasi scocciata la voce dall'altra parte. La ragazza, molto lentamente, e con una concentrazione stupefacente,prese una specie di rincorsa e assestò un calcio al cervello putrefatto del Mazzantini.
"Pronto?" ripetè la voce.
"C'è stato uno stupro.Il violentatore..."
"Si?"
"Si è ammazzato" disse la ragazza, con la scarpa ginnastica ancora impiastricciata nell'altro sangue.
"Si è ammazzato" ripetè nella cornetta Fabrizio, quasi inudibile.

Una settimana dopo lei lasciò la scuola. Provò a chiederne l'indirizzo ma sembrava che se ne fosse andata in un chissàdove in Brianza, tipo.
Seduto, nei pomeriggi scontrosi di marzo, al bar con il Vecio, rivedeva il corpo del Mazzantini. Gli occhiali volati via, sbattuti sul soffitto, e poi rimbalzati dentro a un altro cesso. Tutti gli astanti gli facevano domande, qualcuno gli offriva da bere per risentire quella storia.Fabrizio parlava poco. A parte due o tre elementi non riusciva a dare un senso continuo a quella giornata. Andava lì solo per non stare in casa, ed ascoltare i racconti dell'ex combattente. Per settimane non riusciva a parlare d'altro.
"Gliel'hai detto a tuo padre che vuoi abbandonare la scuola?" disse una voce roca, quasi affettuosa.
Quando alzò lo sguardo per rispondere al Vecio, il sole spietato delle tre del pomeriggio, inondava di incredibili bagliori i cappuccini e i cinzani sul tavolo. E quella là gli sembrava già una risposta. I capelli crescevano lunghi. Decise di dimenticarsi di tutto il tempo che aveva perso fino ad allora. E la sua faccia la pensava uguale.



Secondo Frammento, Primo Capitolo da "Ordine Zero"

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1 commento:

  1. Sono l'autore.Specifico che si tratta,come potete vedere sul mio blog,del 2do frammento,1mo capitolo, del mio romanzo "Ordine zero",cominciato il mese scorso.
    Buona lettura

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