Google+ Il Giullare Cantastorie - Scrittori, artisti e band emergenti: Il paradiso dei Poeti - Il Mondo Perfetto

giovedì 20 marzo 2014

Il paradiso dei Poeti - Il Mondo Perfetto

Appurare se Milan Kundera sia un soave romanziere tout court o se nei suoi libri la forma romanzo è intrisa di una tendenza saggistica e ,più precisamente,filosofica, presuppone una domanda oziosa,all'epoca di twitter e del post-post moderno (quella domanda è:"che cos'è il romanzo"?).Lo stesso interrogativo,tra le altre cose,è venuto in mente all'artista boemo,a proposito de "Il libro del riso e dell'oblio",uno dei suoi capolavori,che ho finito di leggere pochi giorni fa.
Le opere di Kundera si divorano,e non si potrebbe fare altrimenti.Difficile trovare uno scrittore così padrone del mezzo da propinarci-senza farci protendere in stiracchiamenti e sbadigli ad apertura orale alare-una serie di racconti (meglio:episodi) facendoli confluire in un vero e proprio Discorso Generale.Alzi la mano il lettore che ha l'abitudine di prendere la matita e sottolineare i passi più importanti; bene,temo che tale lettore (come chi scrive) non lo abbandonerà mai, il suo lapis,davanti a questo libro nato per essere perfetto,in ogni sua pagina.
Ho parlato poc'anzi di Discorso Generale,e non a caso: in questo libro del riso e dell'oblio,il mancato(finora) nobel boemo,filosofeggia,ancora una volta.Nella prima parte,la più politica e narrativa-non necessariamente la migliore in assoluto-Kundera lancia strali e sarcasmi contro la dittatura comunista (lo scrive nel 1977) e i suo buffi paradossi,ancora più spregevoli ed ideologici dei suoi crimini.Da una serie di lettere in possesso di una ex fidanzata (per la cronaca:brutta) nasce l'architrave per dirci tutto quello che lui sa sulla poesia,l'amore,la tristezza della Cecoslovacchia che fu, sempre più lugube dopo l'invasione dei carri armati sovietici-tutto questo nel tempo in cui (quasi) tutti gli intellettuali,anche europei occidentali,non ne sentivano il mesto cingolio.
La seconda parte è intitolata La mamma e oscilla tra il quadro familiare e l'esistenzialismo spiccio.Nota del recensore:non so se per dimenticanza o altro,fatto sta che per queste prime settanta pagine (ogni parte è molto breve,quindi) la matita non è stata utilizzata; sono d'altronde le pagine in cui il filosofeggiare è tenuto a freno ma-noi lettori inveterati del Maestro già lo sappiamo-è come se lui ci racomandasse,con la sua scrittura morbida,colta e semplice al tempo:"aspettate,sto arrivando".Giacchè il meglio, il buon Milan, lo tira fuori quando si butta lui stesso dentro al romanzo.Qualcuno,dai suoi studi,ricorderà il narratore onnisciente,che tutto sa e tutto vede,e magari è uno dei personaggi del libro,testimone di questo o quell'evento.Così Kundera attacca la terza parte (titolo suggestivo,Gli angeli) dissertando su due categorie di riso,quello angelico e quello luciferino; e laddove 9 scrittori su 10 cadrebbero nello sprezzo del ridicolo lui fa qualcosa di sublime:trasforma la filosofia in Poesia,che è poi la sua caratteristica da amare di più,il suo marchio di fabbrica,la sua modernità,preclusa alla stragrande maggioranza degli artisti,figuriamoci degli scrittori: ci dice che il mondo è così e così ma al posto di teoremi e/o storielle edificanti getta,come uscite dalle viscere della vita,episodi minimali e,non pago,ne fa Poesia sotto forma di prosa:questo è Kundera.E,come in cerchi concentrici i temi delle prime sezioni ricorrono,da visuali più o meno differenti,tutti in un gorgo di classe immensa che,è opportuno ribadirlo,ci fa odiare sempre più la Svezia accademica e amare la boemia delle cittadine termali,perfino quella grottesca degli imbecillotti marxisti.
In Le lettere perdute (stesso titolo della prima parte,ma personaggi differenti) il nostro scopre le carte,ed irrompe quella che lui dirà poi essere l'eroina del romanzo:Tamina,personificazione dell'esilio e del passato,che vive per riavere indietro,dal suo paese natale,la corrispondenza con l'amato...intorno a questo pretesto la scrittura si fa profetica,con frasi del tipo: nell'era della grafomania universale il fatto di scrivere libri assume un significato opposto:ognuno si circonda delle proprie parole come di un muro di specchi che non lascia filtrare nessuna voce dall'esterno; e via filosofeggiando,in profondità.E,ancora,con il bastone del profeta:perchè la bellezza è ormai da tempo scomparsa.E' scomparsa sotto la superficie del rumore[...]in cui viviamo costantemente[...]ne è rimasta solo la parola,il cui senso è di anno in anno meno comprensibile. E poi: quando un giorno (e sarà presto) dentro ogni uomo si sveglierà lo scrittore,saranno tempi di sordità e incomprensione universali. Così da far pensare alla parte centrale di questo capolavoro come un saggio sulla scrittura,però godibile come un fumetto. 
Nella parte dedicata alla lìtost (parola ceca che,benchè intraducibile,può essere resa come frustrazione o,meglio:frustrazione che conduce a una rabbia insoprrimibile) Kundera sforna (si,perchè questo Maestro è anche un artigiano della scrittura) una delle pagine migliori della letteratura del novecento,inventandosi un raduno di poeti cechi,a cui affibbia il nome di poeti storici ed immortali,come Voltaire,Goethe etc. Ed è qua che si inventa (pag.172 dell'edizione Adelphi) il trasporto,letteralmente,di un poeta,esercizio di umorismo e nichilismo che fa fremere le mani dagli applausi,che corrode il citato lapis del lettore etc.
Nella penultima ballata,ritroviamo Tamina,appositmante investita dall'autore del ruolo di protagonista.Traghettata da un Caronte ingentilito,in Paradiso.E',quello descritto, dal poeta Kundera un paradiso dei bambini,dove si vive tra levità e dispetti,cosicchè il profeta Kundera ci sottolinea che a un tratto nel regno dove le cose sono leggere come la brezza non c'è più pace (d'altronde gran parte del libro è ammantato da considerazioni sugli opposti e sull'alto ed il basso,strade che verranno riprese dal boemo nel suo celebre romanzo successivo,L'insostenibile leggerezza dell'essere).
La quarantina finale trasforma la filosofia in sociologia (converrà ribadire al lettore digiuno di questo scrittore che la scorrevolezza è uno dei suoi tratti domninanti) ,con perle tipo:non ti sembra che se i sen sono ben fatti,questa riforma si possa anche approvare senza riserve ? (in una sorta di simposio sul topless) che valgono da sole mezzo libro.O ancora:bambina mia,sapessi com'è facile non essere un oggetto sessuale ! Leggete chi era il regista lirico Hertz (e soprattutto cosa faceva) e le teorizzazioni sulle donne che sono dall'altra parte del confine (ed Il confine è proprio il titolo di qesto generosissmo e abbondante,per contentui,commiato).Leggete le pagine semi-fantozziane sul cappello trascinato dal vento a un funerale.Leggete tutte le quasi trecento pagine,bevetevele.Ingoiate lo stile di questo Poeta romanziere che non si perita di prendere a schiaffi gli stilemi più diffusi del genere,e poi di ricaderci,a distanza di poche righe,come su una soffice nuvola fatta di parole.
Questo è Kundera, e per lui,e pochissimi altri,l'opzione "prendere o lasciare" non è nemmeno da prendere in considerazione.C'è solo da procurarsi una matita e sapere che,se si vivrà abbastanza a lungo,averlo dimenticato sarà la scusa più deliziosa per poterlo rileggere.

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