Google+ Il Giullare Cantastorie - Scrittori, artisti e band emergenti: Camilla - Adelaide J. Pellitteri

sabato 22 marzo 2014

Camilla - Adelaide J. Pellitteri

(Frutto di fantasia, dalla realtà ho preso soltanto lo spunto)

Sul viso le brutte ditate del tempo, macchie che non sparivano più, nemmeno con un dito di fard.
Ai capelli aveva provveduto Melina, la parrucchiera a due passi da casa. Solo che quel rosso aggressivo la salvava da dietro, voltandosi, chi l’osservava rimaneva deluso e, non di rado faceva una smorfia, quasi un sorriso, schifato.
Camilla aveva sempre sognato e ancora sognava. All’età non si sarebbe arresa se non con la morte.
Frequentava boutique e locali notturni cercando con frenesia quello che la vita aveva ancora da offrirle.
Amava ballare, Camilla
Alle battute dei ragazzi non prestava attenzione, ai rimproveri dei suoi coetanei ancora meno. 
Commenti e commentatori li giudicava istantaneamente “morti e sepolti”. Poi buttava giù un Negroni e rideva con i suoi denti finti. 
Dopotutto un accompagnatore d’indefinibile età lo trovava lo stesso, sempre e comunque. 
Sarebbe finita in un Talk Show, avrebbe fatto la cubista attempata. “Invidiabile per l’energia e la solarità” le avrebbe detto la conduttrice, mentre dietro le quinte avrebbero riso: i cameramen, le sarte, gli sceneggiatori, i registi, i produttori… Sì, avrebbero riso tanto, prima di conoscerla bene.
Camilla aveva abortito a sedici anni, nessun intralcio alla sua bellezza, né alla carriera, alla fortuna, al successo. 
Non erano arrivati, purtroppo. 
Non allora, quando la sua pelle era liscia, le sue labbra piene di desiderio e la sua mente in grado di imparare a memoria lunghi copioni. 
Aveva buona memoria Camilla, non le servì, non a quei tempi. 
Non ebbe occasione per dimostrare che avrebbe saputo recitare mettendoci l’anima; la stessa con la quale aveva abortito. 
A sedici anni suo padre l’aveva sbattuta fuori di casa e l’ometto che l’aveva messa incinta l’aveva aiutata. Le aveva dato cinquecentomilalire e lei aveva potuto interrompere la gravidanza. 
Magari sarebbe arrivata la fortuna e, bella com’era, avrebbe fatto l’attrice e sarebbe stata brava. Questo era ciò che le aveva detto l’ometto mentre la lasciava, al ritorno, sotto al portone di casa. Poi era ripartito sgommando e non si erano visti mai più.
Da allora aveva cominciato a recitare davanti allo specchio, da sola muovendosi tortuosa anche senza musica, anche senza luce. 
Era bella Camilla a sedici anni.
Era stata bella anche a quaranta e a cinquanta. 
Poi la prima ditata del tempo e il successo. 
Strana la vita, un vero carnevale, ma Camilla è felice perché adesso recita e recita bene, sul cubo. 
E balla e canta e ride.
Lo sa che molti si prendono gioco di lei, non la conoscono e li compatisce. 
Chi la conosce, invece, sa chi è Camilla: un sogno arrivato in ritardo. Ma arrivato, per la miseria! 
Camilla balla per non morire. Si dimena sul cubo come un adolescente, deve confondere i crampi allo stomaco. 
Quell’aborto lo ha sentito ogni giorno, ogni notte, ogni ora. Per questo non ha mai smesso di ballare, anche al buio, da sola, davanti allo specchio che non si vedeva niente se non un’ombra impazzita. 
Adesso balla sotto i riflettori e la gente applaude e ride, si diverte con lei, e i crampi si confondono mentre la sua memoria, finalmente, comincia a sbiadire.

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1 commento:

  1. Questo racconto mi ha ricordato Stefano Benni, in lui ridicolo, verità, crudeltà, pietà e ironia si mischiano, anche in Camilla quest'alchimia funziona e il brano lievita...
    brava Jole per questo personaggio che ricorda la vecchietta di Pirandello
    gd

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