Terzo frammento - 1° capitolo del romanzo "Ordine Zero".
Fabrizio si guarda attorno,e il suo volto di diciassettenne riesce ad esprimere il timore di muoversi.Il lento spostamento di un braccio,che gli copre gli occhi,sembra quasi anticipare ed ingigantire la stanza che viene illuminata da un sole sorprendentemente caldo per essere ad aprile.La maniera in cui tutto questo avviene ci dice due cose: che questa scena si ripete quotidianamente,allo stesso modo,come un rito; e che il nostro caro pugile ha perso qualcosa di più di un incontro.La deflagrazione della sua tristezza la si nota soprattutto dalle occhiaie che,lui baldo diciassettenne,ha come argini,quasi tatuate,anche se non troppo profonde,comunque invecchiandogli non poco il viso.Chi legge deve sapere che Fabrizio potrebbe restare,per assurdo,in quella posizione,con il braccio alzato a proteggere gli occhi, forse in eterno.Non siamo in grado di saperlo:entra,in questa mattinata clemente,nella stanza d'ospedale un'infermiera,la stessa che abbiamo già incontrato,e che certo ripete le stesse mansioni da giorni.Così come il pugile (ma,d'ora in avanti sarebbe più giusto chiamarlo ex pugile,benchè la sua carriera non sia mai decollata etc) ha negli occhi lo shock per l'incontro,la consapevoleza,appena un po' lontana che un nuovo periodo della sua vita è iniziato,l'infermiera ha negli occhi l'idea che quello che ha davanti a lui è un paziente speciale,o forse è solo il modo che la ragazza ha di approcciarsi con ogni paziente,per dedizione professionale.Osserviamola meglio: ha l'aspetto di una donna di ventisei o ventisette anni,anche se guardando con attenzione le guance si può riconoscere ancora un riflesso roseo,come di chi ha vissuto per lungo tempo in campagna.Cammina leggermente curva,ma questo fa,pradossalmente,risaltare ancora di più la sua altezza,intorno al metro e settantacinque.Gli occhi chiari,indiscutibilmente belli,non sono nè tristi nè glaciali,ma nella loro grandezza c'è come una domanda inespressa.Abbastanza in contraddizione con un corpo filiforme,la giovane infermiera ha un seno rigoglioso.Non sorride ma,cosa rara in una donna,pur non avendo un'espressione felice e confidenziale,nel suo sguardo,oltre a quella domanda inespressa,c'è qualcosa di materno e rassicurante,che sembra addirittura guidare i suoi movimenti.Quando si si siede al bordo del letto,Fabrizio immagina di prenderle la mano.Nei suoi pensieri,ormai per sempre,questa ragazza è associata-se non altro nel volto-a quella che mostrava i cartelli nel suo ultimo incontro.Per questo,nel guardarla,l'ex pugile ha una sorta di malinconia ma,diversamente dalla malinconia,vorrebbe trovare delle parole per spiegare,dire qualcosa.Ma invece se ne resta là,con le mani giunte tipo in preghiera,quasi aspettando che la ragazza cominci a parlare.Lo fa dopo aver guardato la finestra,e di nuovo Fabrizio.Poi il vento la accosta e la ragazza la guarda,sfiorandosi la fronte.Quando si rigira verso di lui la sua voce è chiara,senza inflessioni dialettali particolari."E' di Cremona"pensa però il degente,ricordandosi per un attimo di quando a sette anni aveva accompagnato suo padre in un viaggio d'affari.
Come va?
Deve esserci un motivo?
Si...per cosa ?
Devo ancora capire perchè sono finito in questa che ha tutta l'aria di essere uan clinica privata,in una stanza singola e...'nsomma,sono qui o è un sogno?
Se fosse un sogno...proprio in un'ospedale,con il naso fratturato.L'infermiera glielo sfiora con l'indice.Fabrizio si ritrae per il dolore.
E allora?
E allora...allora...non dovrei dirtelo ma...
Tutti questi giri di parole per...
Le ragazze timide fanno sempre giri di parole-dice lei,gettando sul mondo una risata vigorosa
Forse si...
Fabrizio, è successo che il tizio che ti ha rotto il naso e- l'infermiera abbassa un po' la voce-ti ha messo al tappeto- è nipote di un pezzo grosso della finanza,non posso dirtene il nome...Abbiamo temuto per qualche giorno che non uscissi più dal coma.
Sono stato in coma?
Si.Ora è andata bene.
Chissà..avrei voluto diventare un pugile, se non famoso e ricco,almeno viverci.
Forse non era la carriera...
Non era la...
La tua strada
Se avessi avuto più volontà,in ogni cosa. In ogni cosa-ripete Fabrizio come incantato.
Non ha vergogna delle lacrime che scendono,avverte solo il dolore nelle ossa più forte.
Se avessi avuto più volontà...
Sai,mia madre...
Ora mi dirai quanto è dura la vita...
Non come credi
Tua madre,tuo padre,magari,non hanno mica mai preso dei cazzotti in faccia,scusa eh...
Fabrizio è fermo sul letto,l'infermiera pure,ai bordi,gracile.Sono immobili,sembrano immagini di una foro particolarmente riuscita che abbia come titolo "Anime tristi".Fuori è scesa la sera.Forse ora i due stanno parlando del più e del meno,o forse lo hanno già fatto,per lungo tempo.Quando i minuti si fermano anche i discorsi diventano invisibili.Fabrizio sta raccontando di un suo incontro,di come è arrivato sul ring,della voglia di combattere in una delle palestre più grandi di Milano,di quanto il padre lo abbia osteggiato in quella sua carriera.Butta frasi,come se davvero le parole fossero dei tizzoni ardenti di carne ,impossibili da assaporare e da masticare.Capiamo che ne è passato un bel po',forse è addirittura un altro giorno.Ne abbiamo la conferma quando questo diciassettenne che ne dimostra venti,forse uno o due in più,torna a parlare di qualcosa che non sia la boxe.
Dì, quella storia che hai detto,era vera?
Non sono mica Gianni Rodari
Invece,ad ascoltarla con attenzione, la storia dell'infermiera sembrerà proprio una favola.Nera.Solo il modo in cui la riporta non lascia dubbi sul fatto che è accaduta veramente.Inzialmente Fabrizio si specchia nei suoi occhi,perchè quella vicenda l'ha già sentita,come sappiamo.Ma,come per tutti i racconti che ci coinvolgono ben presto l'uditore dimentica il narratore.
"Tipo a Cremona." (Allora è davvero di Cremona,pensa l'ex pugile ma,come già sappiamo,presto l'attenzione verso la replica del suo racconto).
"Mia madre Veronica aveva sei o sette anni.Era nuova di quel quartiere.Suo padre aveva ammazzato un fascio a San Lorenzo,durante la Marcia su Roma.Così erano dovuti scappare da Roma, là c'era il fratello di mio padre,che faceva il chimico,niente di che,però era una persona rispettabile."
"Mai capito niente di chimica"
"Nemmeno io.Sta a sentire:forse questo fascista non valeva un cazzo,da morto meno che da vivo.Nessuno sembrava ricercare più il colpevole.I miei nonni,passato un po' di tempo,erano presi dall'idea di aprire una latteria.E lo fecero.Una delle clienti era una certa signora Siracusani,vedova Lettieri,vabbè...Aveva una figlia della mia età che si chiamava Angelina."
"Non mi hai detto il tuo,di nome"
"Fammi raccontare,Fabrì..Dov'ero rimasta? (Lei lo sa bene dov'è rimasta ma,come tutti i narratori,onesti e pure un po' vanitosi,vuole sapere che l'ascoltatore la segue; d'altronde lo potrebbe capire guardando i suoi occhi scuri,dilatati come dita che sfogliano un'altra pagina)
"Angelina"
"Ecco:Angelina mi riaccompagnava sempre a casa,dopo scuola.Era avanti un anno a me.Un lunedì fecero un dettato.La maestra decise che al migliore sarebbe andata una matita,sai di quelle con la doppia punta,blu e rossa.Mia madre fece il dettato migliore.Uscite dalla scuola,Veronica ed Angelina avevano due stati d'animo ben diversi:mia madre era contenta per il premio,Angelina ne era invidiosa.A nemmeno metà strada le dice che se non le cede la matita allora l'avrebbe lasciata da sola,che si trovasse la strada del ritorno per proprio conto.Mia madre non accetta.Angelina,come minacciato,la lascia .La smarrita comincia a piangere,ma ancora prima, si piscia addosso.Fortunatamente passa di là una vicina e la riaccompagna.La storia sembrerebbe finita là.Invece tre giorni dopo arriva un carabiniere con un mandato d'arresto per mio nonno.Veronica,che aveva raccontato l'episodio in famiglia (l'avevano vista tornare piangente,oramai quasi dimentica del suo premio colorato) è sempre stata convinta che il nonno fosse stato tradito dalla famiglia della compagna di scuola..sai,com'è..."
"Me l'hai raccontata due volte,ma non ho mica capito che significa"
"Domandamelo"
"Che fine ha fatto tuo nonno?"
"No,non quello: domandami come mi chiamo o,se ne sei capace,indovinalo"
"Non so...i giovani pugili falliti non hanno tanta voglia di indovinelli..come ti chiami?"
"Il mio nome.."
"Aspetta,aspetta...ti chiami come tua madre..per imparare a ricordare"
"Si,è vero:i giovani pugili non sono forti sugli..enigmi.Mi chiamo Angelina,percheè mia madre avesse sempre davanti agli occhi chi l'aveva fatta rialzare,e nella voce chi l'aveva fatta cadere"
Angelina si era già alzata e,chiudendosi dietro la porta,vide che,un po' buffamente anche Fabrizio si era alzato.
Rivide nella ragazza lo sguardo perso di quell'esile domanda e, dopo che lei ebbe sorriso senza sorridere,si disse che era di nuovo in piedi,malfermo ma in piedi.I danni dentro erano tutti da verificare.
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